Ragno Rosso # 2
Marvelit presenta:
di Vale
“AlbaDiggi”
Il costume scivolò dalla poltrona in terra, non compiendo il minimo rumore; l’uomo sdraiato sul divano lo avvertì lo stesso, il suo senso di ragno lo aveva già avvertito da un po’ di toglierlo da lì, ma quello era l’ultimo dei problemi di Ben Reilly. Mai si era sentito così stupido e sfortunato come ora, mai si era scontrato con una realtà tanto lineare e diabolica: un giornalista senza scrupoli del San Francisco Herald di nome Ken Ellis aveva scoperto la sua identità segreta di Ragno Rosso, così Ben aveva deciso di distruggere le sue prove, apparendo nelle veste di Dusk, ma questa mossa si era rivelata un grosso errore; poco prima di questa sua impresa, infatti, Peter Parker con l’aiuto dell’Uomo Bestia era riuscito a cancellare la memoria della sua identità segreta e di quella dei suoi cloni in tutte le persone scomode che la conoscevano, compreso Ellis. La storia si sarebbe chiusa così, se Ben, intervenendo e distruggendo quei documenti, non avesse permesso al giornalista di ricordare.
- Mi spiace, Ben…se avessi potuto avvertirti… - aveva detto Peter al telefono, quando il clone lo aveva chiamato.
- Non è stata colpa tua…senti, Pete…non c’è possibilità di rintracciare quell’Uomo Bestia? -
- È la prima cosa che ho pensato per aiutarti, ma non ho modo di rintracciarlo…è con un gruppo segreto di… -
- Lascia perdere. -
- Posso mettere sottosopra la città…cioè, in teoria posso trovarlo, Ben…Ben? -
- Ti ho detto di lasciare perdere, amico. Ellis non ha prove, non può mettersi a gridare chi sono ai quattro venti…spero… -
La conversazione era andata avanti ancora per molto con congetture su come depistare il giornalista, ma quel tizio sapeva troppo per farsi fregare. Dopo essersi abbandonato sul divano, Ben Reilly si lasciò andare alle sue mille paure, socchiudendo gli occhi.
Il giornalista rientrò sbattendo la porta con tutta la sua forza. C’era andato così vicino, aveva avuto in mano un articolo da premio Pulitzer e l’aveva perso! Senza controllo, Ellis gridò, cercando di sfogare tutta la sua rabbia. In un primo momento aveva quasi pensato di scrivere lo stesso un articolo sul Ragno Rosso, ma senza prove chi lo avrebbe preso sul serio? No, era un’idea da scartare, sia per l’assurdità sia perché poteva quasi lenire la rabbia, e questo sarebbe stato un vero peccato: l’ira gli occorreva se voleva risorgere e distruggere la vita di Reilly.
Un corpo di donna giaceva a terra immobile, al centro del salotto; le pareti mostravano grandi bruciature, oltre ovviamente a quelle scritte.
“FUORI I MUTANTI DA QUESTA CITTÀ!”
“SUPREMAZIA UMANA”
Seguite da oscenità peggiori, tracciate con una bomboletta di vernice spray nera. Ben si rese conto che il contrasto fra il pallore mortale della ragazza e quelle trivialità lo spaventava, più di quanto qualsiasi supercriminale avesse mai fatto. Non era la prima volta che l’agente Reilly si scontrava con la morte e con la violenza, ma ora in quella casa avvertiva qualcosa di tetro e solenne che aleggiava per la scena del crimine. I CSI erano già all’opera, prelevavano campioni praticamente da qualsiasi cosa non si muovesse; solo una criminologa, restava immobile ad osservare le scritte sulla parete della stanza, era il tenente Shirley Lennon a capo di quella squadra, una donna sulla quarantina, giovanile, con lunghi capelli castano rossi.
“Questa è l’indagine.” Pensò l’aracnide umano.
In confronto ai CSI, Ben si sentiva sempre inutile, gli agenti normali come lui dovevano rimanere immobili e cercare di non intralciare i criminologi, al massimo qualcuno poteva scattare alcune foto, ma nulla che fosse decisivo. Il nostro eroe non faceva eccezione: il suo compito era attaccare le strisce gialle con su scritto “Scena del crimine” assieme a Steve Harris.
- Sai come ci chiamano, Ben? Trote! -
- Eh? -
- Ci chiamano trote! -
- Steve…di chi stai parlando? -
- Dei CSI! Ci chiamano trote, perché rimaniamo a bocca aperta… -
- Chi ti ha detto questa idiozia? -
- L’ho letta su un libro… -
Ben osservò ancora quelle scritte e le bruciature sulle pareti, poi i CSI, infine il volto niveo della giovane vittima. Non riuscì a trattenersi: senza dire una parola, ignorando Steve che continuava a chiamarlo, si diresse verso il corpo. Doveva fare qualcosa, al di là del potere e delle responsabilità, non poteva restare passivo. I medici legali lo stavano esaminando, in particolare uno stava misurando la temperatura del fegato per stabilire l’ora del decesso.
- Mi scusi… - lo chiamò Ben, rendendosi conto di uno sbaglio.
- Si? – fece l’uomo sulla cinquantina, che assomigliava a James Doohan da vecchio, lo Scotty dei primi Star Trek.
- Secondo me sta facendo un errore…voglio dire… - continuò Ben, cercando di non sembrare né spocchioso né sospetto - …se è una mutante i suoi organi potrebbero non funzionare come i nostri e la temperatura del fegato potrebbe non essere indicativa…sa, l’eccessiva endocitosi di adrenalina può in molti casi alterare questi esami… -
- Lei conosce un altro modo per determinare l’ora della morte? -
- Approssimativamente si… - rispose Ben, ma fu interrotto dal tenente Lennon.
- Che succede Styne? – chiese la donna.
- Questo giovanotto mi stava suggerendo come determinare l’ora della morte. -
- Grazie agente ma sappiamo… - iniziò Shirley, ma Styne la interruppe.
- No, fallo parlare…sai, menti nuove, idee nuove. – sembrava fiducioso.
- Ah…ecco… - Ben farfugliava, confuso - …ho notato le bruciature sulle pareti…probabilmente la vittima aveva un qualche potere elettrico…se misurassimo la variazione di elettromagnetismo nell’aria avremo un valore più attendibile, tenendo conto che si sta cercando di misurare una propagazione di una qualche bioelettricità o di una grande concentrazione di elettricità statica o comunque elettromagnetica … -
- Interessante… - fece Styne, sembrava un professore che ammirava un alunno geniale – Mi ci metto subito al lavoro con i ragazzi dell’elettronica. – e si mosse verso un gruppo di persone. Il tenente Lennon invece fissava Ben con occhi increduli.
- Il dottor Styne non è un tipo facile da affascinare…ha fatto colpo, agente. – disse infine.
- Beh, volevo essere d’aiuto…il suo collega… -
- No, non parlavo solo di lui. Ha fatto colpo su di me, agente… -
- Reilly, Ben Reilly. -
- Tenente Lennon, scientifica di San Francisco. Come le è venuto in mente? –
- Beh…io…ho conosciuto altri mutanti e… -
- E ha una mente brillante. -
- Grazie! Io… -
- Tenente! – qualcuno chiamò la Lennon.
- Vengo! Uh…spero di rivederla, Reilly. -
Ben rimase a guardare la scena del crimine, mentre la squadra del CSI si muoveva convulsamente.
“Eppure…” pensò il Rosso prima che Steve Harris lo chiamasse.
L’esile figura si dondolava seminuda in un angolo buio della stanza emettendo una nenia continua e straziante. Ciò che c’era in lui di umano stava sparendo, la sua mente era in fiamme.
- …i loro occhi…orrendi…occhi… - continuava a ripetere, tenendo stretto fra le mani il capo calvo.
Ben sistemò il cavalletto della sua moto, con cura, non aveva ancora pagato tutte le rate. Un attimo dopo il senso di ragno pizzicò.
- Che diamine… -
- Reilly! – gridò qualcuno alle sue spalle.
A quella vista, il Rosso impallidì, anche se cercò di non darlo a vedere: davanti a lui c’era Ken Ellis.
- Sono felice di constatare… - continuò questi -…che non hai intenzione di tediarmi con quegli inutili monologhi tipo “E lei chi è?” sapendo benissimo cosa voglio da te. -
- Ci conosciamo? – ribatté Ben.
- Ah! Mi deludi, Ragno Rosso. -
Il senso di ragno pizzicò leggermente.
- Senta, non ho idea… -
- Piantala! Senti, vedila così: mi hai fregato, probabilmente eri tu in quel bel costumino nero…comunque ho preferito affrontarti da uomo a uomo piuttosto che stare a riflettere su come vendicarmi. -
- Vorrei davvero sapere di cosa sta parlando, ma… -
- Oh, andiamo! Stavi quasi per dire “signor Ellis” o “Ken”; tranquillo, non ho registratori addosso…ma se vuoi continuare a giocare così, a me va bene. Mi offri qualcosa? Non mi inviti a entrare in casa tua? -
- Io non la conosco, se ne vada. -
Ellis stavolta non parlò, ma si fece più vicino, poi allungò le mani sulla camicia di Ben, aprendone i lembi e scoprendo il torace del Rosso.
- EHI! –
- Un semplice controllo…volevo vedere se indossi il tuo costume sotto i vestiti… -
- D’accordo ora lei viene con me al distretto. -
- Ok, bello. Eccoti i polsi, ho parecchie cose da dire ai tuoi superiori. -
- Se ne vada! -
- Hai cambiato idea? Certo, era prevedibile. Comunque obbedisco, eroe, ma ricorda…io sarò sempre nei paraggi. Posso scherzare, fare battute da gradasso, ma voglio che ti sia chiaro un punto: io ti odio! -
Ben si irrigidì, sorpreso da quelle parole così esplicite.
- Ti odio, Ben; perciò, quando farai un passo falso, quando ti si strapperà la maschera da un lato, mostrando una ciocca di capelli o un occhio…io sarò lì e ti fotograferò…è questione di tempo e sarò un uomo rovinato, ma dammi una sola occasione, Reilly, e ti renderò il favore, chiaro? -
Un attimo dopo Ellis se ne andava camminando nel buio, giocherellando con quell’euforia che aveva scoperto in sé, nata dall’astio più profondo.
- Naaaarrrrrgghhhhh! – gridò Ben lanciandosi nel vuoto. Il costume rosso lo avvolgeva, ma l’aria percosse con uguale forza il suo corpo, liberandolo dalla sua ansia. Subito dopo quel terribile colloquio era rientrato in casa, trovando Helen chiusa nel suo solito mutismo. Da quando quegli aggressori l’avevano violentata, la sua vita si era distorta in un orrendo riflesso di quel che era prima, e Ben ora non era in grado di reggere quella vista dopo quello che Ellis gli aveva detto, così era fuggito da quel dolore, si era infilato la sua maschera, nascondendosi il suo dolore dietro lo spandex rosso.
“Non può finire così. NON PUÒ!” pensò saltando con tutta la sua forza “Ho superato persino la morte, non posso rischiare di perdere tutto…” il senso di ragno pizzicò, ma la rabbia annebbiò i riflessi e Ben venne investito da una cascata di scintille. Il Rosso cadde per una decina di metri, poi riprese quota con un paio di tele.
“E adesso chi…”
La figura che gli si parò davanti era indistinguibile, appariva e spariva in un bagliore di saette, salendo lentamente oltre i palazzi.
- Max Dillon, suppongo? – fece Ben lanciando una ragnatela e avvicinandosi.
- Electro, che ci fai qui a Frisco? Nulla di buono, immagino. -
- Ah! – gridò l’uomo ricoperto di elettricità, emettendo una scarica contro il Rosso senza nemmeno guardarlo.
- Aspetta! Tu non sei Electro! Chi se…ehi! – Ben schivò altri due colpi senza problemi, poi lanciò due tele a impatto accecando l’avversario.
- No! – gridò questo, mentre le saette sparivano – Ancora voi! Voi, maledetti, voi e vostri maledetti occhi…orrendi…andate via! -
- Senti amico, parliamo. Se hai bisogno di… -
- Andatevene, mutanti! -
- Aspetta, hai detto mut… -
- ANDATE VIA! – urlò il tizio, sparendo nei bagliori. Un attimo dopo l’aria sembrò accendersi come una lampadina, mentre migliaia di volt vennero riversati nell’atmosfera. Ben volò per una quindicina di metri privo di sensi, andando a sbattere contro una finestra a specchio che si ruppe in mille pezzi. L’ultima cosa che il Rosso vide prima di svenire fu l’orrenda tappezzeria di quell’attico.
Palazzo di giustizia Bryan Street – Un quarto d’ora dopo
- Mike…Mike…calmo, ripeti dall’inizio. – fece Robert O’Hara, riferendosi a Mike Higan, sceriffo di Frisco. Lo sceriffo era particolarmente eccitato all’idea della cattura di un supereroe, si sentiva come i componenti del Codice Blu di New York e si stava comportando come un bambino.
- Robert è arrivata questa telefonata…una donna dice che nel suo appartamento è piombato un ragno…cioè l’Uomo Ragno… -
-…o il Ragno Rosso, o magari un alieno…deve essere stata molto precisa…beh, raduna i tuoi, voglio tre squadre con me. –
- Forse dovremmo portarci i fucili a proiettili Dum-Dum… - fece lo sceriffo, sempre più agitato.
O’Hara lo congedò con un gesto, coprendosi il volto per la disperazione; quello sceriffo era esilarante il più delle volte, ma ora che doveva dirigere un’operazione così difficile rappresentava un pericolo per la comunità.
Ken Ellis si crogiolava nei suoi pensieri, ancora contemplando ciò che aveva detto a Reilly poco prima quando squillò il suo telefonino. Il nome sul display non lasciava dubbi: JASON, il suo informatore all’interno del Palazzo di giustizia che teneva d’occhio soprattutto l’ufficio dello sceriffo.
- Jason, sono Ellis. -
- Ehi, imbrattacarte! Tieniti forte: ho una notizia da trecento. -
-…dollari? – fece il cronista, ricordandosi delle sue finanze che andavano sempre più ad assottigliarsi e continuare con questi esborsi gli avrebbe impedito di mettere in atto uno dei suoi progetti.
- No, crediti della repubblica! Certo, dollari, perché? Sei ancora in bolletta? -
- No, no, dimmi…ma spero che valga davvero tanto. -
- Un pazzoide tipo l’Uomo Ragno si è schiantato privo di sensi in un attico di Park Presidio Boulevard. -
- Il Ragno Rosso?!? -
- Esatto, bello. Per il pagamento… -
Ellis aveva già riattaccato.
“Che si sia suicidato? No, che idiozia, devo rimanere calmo…è la mia occasione…”
La sua macchina non era delle più veloci, ma il cronista era più vicino a Park Presidio rispetto alla polizia e in poco tempo arrivò a destinazione. Appena sceso dalla macchina, Ellis agguantò la macchina fotografica, poi si voltò chiudendo la portiera sogghignando.
A Stellina.
Inizia il mio viaggio con Ben Reilly! Spero che il mio
operato vi sia di gradimento.
Per commenti (positivi) sulla storia – diggi89@tiscali.it
Per i commenti negativi sto ancora lavorando ad un
indirizzo e-mail apposito, quindi…
Un grande ringraziamento a Mickey per avermi iniziato
a MIT.
A Carlo Monni per avermi aiutato e aver creduto in me.
A Yuri per gli incoraggiamenti.
A MIT per avermi accolto.